Kiev, 21 Novembre 2013. In Ucraina iniziano le rivolte popolari.
La popolazione ucraina non accetta la decisione del primo ministro di annullare “l'accordo di associazione” che avvicinava lo stato all’Ue. Le manifestazioni popolari non si fermano, la situazione economico-finanziaria dell’Ucraina arriva a un passo dalla bancarotta e il popolo ottiene le dimissioni del primo ministro Mykola Azarov .Motivo dell'esplosione della rabbia popolare è stato il progressivo consolidamento dei rapporti economici e politici con la Russia di Vladimir Putin. Del resto, basta ripercorrere brevemente le tappe della storia di questa nazione per notare il forte legame che l'Ucraina ha con la Russia sin dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Durante gli anni della guerra fredda, infatti, l'Ucraina faceva parte dell'URSS e ne era considerata “il granaio”; solo nel 1990 raggiunse l'indipendenza e, un anno dopo, venne proclamata la repubblica, fatto mai totalmente accettato dalla Russia. Al giorno d'oggi, nonostante siano passati 20 anni, il primo ministro continua a sentire l'influenza pressante della Russia tanto da essere considerato lui stesso un “fantoccio” in balia di Putin. Bisogna inoltre aggiungere che l'Ucraina deve alla Russia ingenti somme di denaro e ciò costituisce uno dei motivi vincolanti la libertà decisionale del paese. Se inizialmente però il fine dei manifestanti erano le dimissioni del premier, adesso la popolazione preme per un avvicinamento sempre maggiore all'UE. Il governo è accusato di gestire gli affari dello stato in modo dispotico, ai limiti della democrazia e in un sempre crescente abuso di potere. D'altro canto, l'avvicinamento dell'Ucraina all'Unione Europea genererebbe non pochi problemi. Il governo russo, da cui l'Ucraina dipende per la fornitura di gas, minaccia di privare il paese del metano nel caso di un avvicinamento all'Europa Unita. Neanche queste ragioni però sembrano fermare le ribellioni. Attualmente, la situazione già grave del paese, sembra peggiorare di giorno in giorno e potrebbe assumere i caratteri di una vera e propria guerra civile se i ribelli dovessero dotarsi di armi. Negli ultimi giorni le ribellioni, inizialmente circoscritte alla piazza Maidan di Kiev, si sono diffuse a macchia d'olio in numerose città della parte occidentale del paese dove i manifestanti premono per le dimissioni dei governi regionali filorussi. La divisione del paese fra la parte centro-occidentale e quella sud-orientale, già esistente da tempo per ragioni storiche e identitarie, sta diventando sempre più concreta. Inoltre questa “spaccatura” interna rende particolarmente difficile il compito del governo ucraino che dovrà essere capace di conciliare le due fazioni portando i cambiamenti auspicati dai manifestanti. Le manifestazioni che ancora oggi assalgono l'Ucraina sono il frutto di tensioni covate per lungo tempo, pronte a dilagare alla prima occasione. “Siamo qui per dare un futuro migliore ai nostri figli” affermano i 60000 manifestanti in piazza Maidan, ed è proprio la speranza in un avvenire migliore che li spinge a non desistere. A noi non resta che sperare che il governo ucraino sappia risolvere pacificamente il conflitto concretizzando i cambiamenti tanto desiderati dal popolo.

Flavia Di Silvestro