Castro
dei Volsci (Frosinone), 22 Marzo 1921. Nasceva uno degli attori più amati del
cinema italiano: il grande Nino Manfredi. Il suo ricordo, caro alla nostra
memoria, è legato alla figura indimenticabile di Geppetto ne ”Le avventure di
Pinocchio” di Luigi Comencini del ’72. In maniera profonda e sensibile Manfredi
interpreta un padre amorevole, pieno di umanità e pazienza nel prendersi cura
del suo ciocco di legno fatto bambino quale Pinocchio. Manfredi, il cui vero
nome era Saturnino, per rispettare i voleri della sua famiglia si laurea in
Giurisprudenza ma non eserciterà mai la professione. Scoperta la sua
inclinazione per il palcoscenico, frequenta l’Accademia Nazionale di Arte
Drammatica. Nell’autunno 1947, debutta al Teatro Piccolo di Roma recitando con
Eduardo De Filippo e Orazio Costa che considererà sempre il suo maestro. Nel
1959 ottiene un grandioso successo con la sua partecipazione a Canzonissima,
creando la macchietta del “barista di Ceccano” la cui battuta “fusse che fusse
la vorta bbona” rimarrà nella storia. A partire dal 1960, recitando da
protagonista nel film “L’impiegato” di Puccini, diventa una delle colonne
portanti della commedia all’italiana, interpretando personaggi ottimisti, destinati
alla sconfitta ma non all’umiliazione. Celebre il duetto con Lea Massari in
“Roma nun fa’ la stupida stasera” nel Rugantino del ’63. Saranno più di 100 le pellicole
da lui interpretate con tanti riconoscimenti alla sua carriera (5 Nastri
d’argento e 5 David di Donatello). Fa parte di un gruppo di ladri pasticcioni
nel film “L’audace colpo dei soliti ignoti”. Stregone in Africa insieme ad
Alberto Sordi (nel ruolo di cognato editore), in “Riusciranno i nostri eroi a
ritrovare l’amico misteriosamente scomparso in Africa?”. Recita con Ugo Tognazzi
in “Straziami ma di baci saziami” interpretando un barbiere innamorato. Debutta
come regista dirigendo l’episodio “L’amore difficile” tratto dall’omonima
novella di Calvino, e i film “Per grazia ricevuta” (1971) e “Nudo di donna”
(1981). Lavora a fianco di Totò in un film del 1966 intitolato “Operazione San
Gennaro”, che lo vede capo di una banda
di ladri, “Dudù”, coraggioso e temerario a tal punto da rubare il leggendario
tesoro di San Gennaro, furto sacrilego agli occhi di tutti. Molto attivo alla
Radio si esibisce anche come cantante: nel 1970 la sua versione del classico di
Petrolini “Tanto pe’ cantà” raggiunge le prime posizioni della hit parade.
Manfredi ha popolarità anche come testimonial pubblicitario. Il successo
maggiore lo ottiene con gli spot della Lavazza. Sono famosissimi i suoi slogan
“Più lo mandi giù più ti tira su” e “Il caffè è un piacere, se non è buono che
piacere è?”. Interpreta Giovanni Garofoli, un emigrato italiano in Svizzera in
"Pane e cioccolata" di Franco Brusati del '73, un film che mette a
confonto due diverse realtà: il "pane" rustico, simbolo di un’Italia
che obbliga ad andarsene, e la "cioccolata" emblema del
benessere della Svizzera. Un quadro
malinconico, oscillante tra humor e tragedia, che suscita riflessione
nello spettatore. Essere italiani appare quasi un "difetto". Manfredi
fa ben trasparire, a volte con un sapore amaro, i sacrifici, le difficoltà di integrazione in un
paese straniero. Personaggio realistico in cerca della propria identità. Disperato, dopo
tante peripezie, disperato decide di rimpatriare ma, in un finale pieno di
speranza, scende dal treno di ritorno e decide di non arrendersi mai. Nel '77 è protagonista ne
"In nome del Papa re" di Luigi Magni. Il film racconta la storia
dell'ultima condanna capitale avvenuta in una Roma del 1867, tre anni prima
della Breccia di Porta Pia. Manfredi impersona monsignor Colombo da Priverno,
un giudice del Santo Tribunale che osa sfidare
l'autorità di Pio IX. Il suo è un conflitto contro il potere temporale
della Chiesa, esercitato in modo ottuso, intransigente, quasi ingiusto. L'attore
ciociaro mostra buon senso e determinazione,
attaccato al sacerdozio e credente nei veri valori spirituali e
religiosi. Una delle sue migliori interpretazioni che gli procura il David di
Donatello. Il suo ultimo ruolo, molto toccante, è quello di Galapago nel film
“La fine di un mistero” dove interpreta uno sconosciuto privo di memoria che
verrà ricoverato 40 anni in manicomio. Manfredi muore a 83 anni il 4 Giugno
2004. Insieme ad Alberto Sordi, Ugo Tognazzi e Vittorio Grassman è uno dei
quattro moschettieri della commedia all’italiana. Sempre ironico, simpatico, divertente,
viene definito “personalità artistica ricca e poliedrica”. Il suo carisma lo
immortala nella storia cinematografica. Così Nino saluta l’amico Sordi il
giorno della sua scomparsa: «Albè, lasciami un posto in Paradiso, così
continuiamo a scherzà, sennò m’annoio…»
Guidotto Michela