di Rita
Calabrò
Il giardino dei
ciliegi di Anton Čechov è andato in scena dal 21 novembre al 7
dicembre 2014 al Teatro Stabile di Catania. Traduzione e regia a cura
del direttore stesso del teatro, Giuseppe Dipasquale.
La scena è ambientata in
Russia dove la tranquillità di una famiglia aristocratica è minata
dalla morte del figlio minore. A seguito di ciò, la madre
Ljubov’Andreevna Ranevskaja, chiamata semplicemente Liuba, scappa
in Francia dove verrà raggiunta dalla figlia Anja. Dopo esser
rimaste a Parigi per circa 3 anni e aver scialacquato tutti i propri
averi, le due donne decidono di ritornare nel paese natale. A causa
dei debiti contratti il giardino, che delimita l’area intorno la
casa, rischia di essere messo all’asta. Ad avere un ruolo
predominante è proprio il giardino che, nella prima parte dello
spettacolo, si configura come un protagonista invisibile, ma che via
via prenderà forma fino a quando, nel terzo atto, i suoi tronchi
saranno presenti in scena. Il giardino rappresenta il passato, i
debiti e i tormenti dell’anima dei personaggi. Quindi, nel momento
in cui esso viene venduto insieme a tutta la casa, i protagonisti
sentiranno morire dentro sé una parte di loro stessi, ma poi
proveranno un senso di liberazione mentre si aprono loro nuove vie
nei meandri della vita.
Oltre al senso del tempo
e all’importanza rivestita dall’infanzia in contrasto con
l’amarezza e le disillusioni che animano l’età adulta, un altro
tema presente nella commedia è l’emancipazione dei servi della
gleba in Russia, che solo grazie ad Alessandro II erano riusciti ad
ottenere delle libertà. A tal proposito, significativo è il
personaggio di Ermolaj Alekseeviè Lopachin, il cui padre era stato
schiavo della famiglia di Liuba. Egli, grazie alle nuove libertà
concesse, ha la possibilità di riscattare se stesso e i suoi avi. In
virtù della propria determinazione, riesce ad arricchirsi e non a
caso sarà proprio lui a comprare all’asta il giardino dei ciliegi.
Questo inatteso finale simboleggia da un lato il declino
dell’aristocrazia, dall’altro l’ascesa dei nuovi proprietari
terrieri, gli ex servi della gleba che, dopo secoli di soprusi e di
angherie, possono finalmente riacquistare la propria dignità.
Curiosità: “Il
giardino dei ciliegi” nasce come una commedia, ma già i registi,
che per primi ne curarono la messa in scena nel 1909 , andarono a
marcare il carattere amaro della vicenda, oscurando gli elementi di
farsa. Ciò fece irritare Anton Čechov, ma effettivamente, nel corso
del Novecento, anche altri registi preferirono dare maggior rilievo
al carattere tragico.
Nello spettacolo a cura
di Giuseppe Dipasquale si evince invece un perfetto equilibrio tra il
comico e il tragico.
Un elemento che molto
colpisce lo spettatore è la scelta di far interpretare tutti i
personaggi da attori che dimostrano più anni rispetto a quelli
effettivi di ogni personaggio. Un caso emblematico è costituito da
Anja e Varja, le figlie di Liuba, rispettivamente di diciassette e
ventiquattro anni, interpretate da attrici di età maggiore. Gli
unici due personaggi che vengono rappresentati giovani sono i
camerieri Duniaša e Jaša: la prima che sogna ad occhi aperti
l’amore, il secondo amante della vita in ogni sua sfaccettatura.
Entrambi sono gli unici che non soffrono e non sono tormentati, a
differenza di tutti gli altri dei quali non si rispetta l’età,
quasi a voler sottolineare come i pesi e le angosce che turbano la
loro anima causano un invecchiamento precoce.